Nel caso di specie, in seguito all’estinzione anticipata di un contratto di finanziamento contro cessione del quinto (CQS), la cliente agiva nei confronti della società mandataria con cui aveva sottoscritto il prestito, chiedendo la restituzione delle somme versate a titolo di commissioni e premio assicurativo.
La società mandataria si costituiva in giudizio eccependo la propria carenza di legittimazione passiva, affermando di non avere mai percepito le somme di cui l’attrice chiedeva la restituzione e contestando, nel merito, l’infondatezza della domanda.
Il Giudice ha fornito una lettura sistematica della fattispecie, escludendo la ripetizione delle somme contestate.
In dettaglio la sentenza riafferma il principio secondo cui l’azione di ripetizione è un rimedio tipico, esperibile solo qualora una prestazione risulti priva di causa giustificatrice: “costituisce indebito oggettivo quella prestazione priva di un legittimo titolo giustificativo alla quale si può reagire con la ripetizione”.
Peraltro, la decisione ricorda che l’azione ha natura del tutto diversa da quella risarcitoria: “l’azione di ripetizione ha pertanto natura recuperatoria (non risarcitoria […]), che può essere esperita nei confronti dell’accipiens, avente come presupposto proprio l’assenza di un titolo efficace”.
Non meno importante, inoltre, è quanto affermato in riferimento al regime probatorio “l’indebito non può assumersi in re ipsa e va provato specificamente con riferimento alla fattispecie dedotta in giudizio; in particolare l’attrice aveva l’onere di dimostrare un comportamento antigiuridico certo […] la stessa avrebbe dovuto dimostrare non soltanto l’effettivo e specifico pagamento della somma richiesta […] ma soprattutto la mancanza del tiolo (conditio indebiti), fatto non risultante agli atti e pertanto da ritenersi non provato”.
L’azione di ripetizione, quindi, è correttamente esperita solo laddove l’attore sia in grado di provare non sola l’avvenuta corresponsione delle somme ma, altresì, la natura indebita (in quanto sine titulo) della prestazione.
Giudice di Pace di Salerno, sentenza del 7 agosto 2018